Il romanzo è a sfondo psicologico. E' diviso in due parti. Le due parti vengono introdotte da
Prima parte
Luci allo specchio
Occhi
Riflessi di vita,
Luci splendenti
Quali fari
Nel mare in tempesta.
Sorrisi dopo il diluvio.
Passioni di un tempo
Confusi
Tra sogni quasi vissuti
Nei colori dell'arcobaleno.
Occhi,
Canzone del vento al mare,
Specchio dell'anima,
Palcoscenico di vita,
Che attende gli applausi,
Riflessi nei tuoi
Occhi!
(Giorgia)
il diario
"Zia Sanna, sto male, aiutami!"
"Parla, piccola mia! Ti ascolto."
Viola mi si avvicinò, e la sentii fragile, confusa, spaurita. Con me riusciva a mettere a nudo la sua anima, confidandomi le sue malinconie, le sue sconfitte, le sue speranze, le due gioie.
Mi sono chiesta spesso se per lei io somigliassi ad uno dei personaggi del suo immaginario, al quale ricorrere nei momenti della solitudine.
Ero stata la prima ad accoglierla tra le mie braccia, dopo il difficile parto di mia sorella. Con la morbida guancia premuta sulla mia, le avevo sussurrato la nenia popolare, che tra la mia gente si tramanda di madre in figlia.
Parole sciocche, in verità, ma dal potere della magia o forse, come diceva scherzando nostro padre, che facevano dormire, affinché la smettessimo.
Molto precoce nel linguaggio, la sua prima parola fu "Sanna", invece di Susanna. In seguito, zia Sanna, e Sanna fui per molti.
A tre anni preferiva alle bambole e ai bambolotti i libri delle fiabe e i giochi delle costruzioni, per cui il pavimento della sua cameretta era un cantiere in miniatura, con piccole case, ponti, strade, realizzati con i pezzi ad incastro.
Al centro, il magnifico castello delle sue fiabe...
"Che farà Viola da grande?", le chiesi una volta, stupita da siffatta maestria.
"Da grande, Viola farà l'architetto, come zia Sanna, da grande", rispose sicura, nel sistemare l'ultimo pilastro del ponte, che conduceva al castello.
A quel tempo, le mie idee erano ancora confuse sulle mie future scelte e mi stupì la sicurezza di una bimba così piccola, forse guidata dall'interesse del gioco.
A scuola fu una delle prime, anche se le riusciva difficile legare con i compagni che, a suo dire, erano sciocchi e immaturi.
Me lo confidava ogni giorno, bussando alla mia porta, come fossi la nuova pagina di un diario, su cui fermare alcuni attimi della sua vita affinché irripetibili, diventassero eterni, sia nelle sconfitte, sia nei successi.
Conseguì la laurea in Economia e Commercio col minimo dei voti per compiacere il padre. che l'aveva designata erede del suo studio. Non fu con la violenza che l'uomo costrinse la figlia ad optare per un indirizzo che non le piaceva. Anzi! Ogni battaglia era un insieme di sorrisi, di esempi, di convincimenti, affinché non si vanificasse quel sogno che, portato da uno sperduto paesino del Sud in una valigia di cartone, insieme a pochi stracci, si era realizzato, superando ogni aspettativa.
Ma questa per Viola fu una sconfitta.
Tuttavia, cercò di mantenere in piedi lo studio anche dopo la morte del padre che, se avesse potuto esprimere il suo giudizio dall'aldilà, non sarebbe stato per niente positivo. Lo studio, che aveva vantato l' afflusso di clienti dall'intera provincia, ora a stento si pagava le spese e il mutuo di una villetta situata in periferia . Colpa della sua mediocrità o degli studi associati che le sorgevano intorno come funghi? Tuttavia, fu proprio in quello studio, che trovò il tempo di laurearsi in Architettura col massimo dei voti.
E questo per Viola fu un successo.
Aveva dimostrato al mondo intero, ma soprattutto a se stessa, che la sua vita non era un fallimento, e la sua volontà al di sopra di ogni cosa, sicura che nelle sue vene scorresse sangue di antichi contadini, forti e tenaci, votati ad ogni sopportazione, ad ogni sacrificio.
"Se ti vuoi inimicare un contadino del Sud, basta che tu gli chieda con ottimismo se se c'è stato un buon raccolto.
La risposta non tarderebbe a giungere buia, tormentata nello sguardo e nel balbettio delle parole, perché il contadino del Sud non è mai soddisfatto, ma stanco e avvilito. Ma il contadino del Sud tornerà testardo ed ossessivo ad occuparsi del suo unico bene, a batterlo e coccolarlo, schermirlo e assaporarlo, infine sentirlo sotto i suoi piedi e accarezzarlo con le mani", aveva scritto su una pagina del suo diario, perduto tra i cuscini del mio divano.
Un ritratto che, rispecchiando lo stile del Verga, le si addiceva, perché Viola, come il contadino del Sud, era tormentata, caparbia, mai soddisfatta.
Com'era strana quella creatura! A volte pareva alla ricerca della sua anima, a volte di una gioventù mai vissuta, nel momento in cui amava circondarsi di preziose cose antiche, come avesse deciso di appartenere ad un'altra epoca. E a volte, perfino a me, veniva di pensare che fosse un personaggio disceso dal castello incantato delle sue fiabe..
"Zia Sanna, troppo spesso i miei pensieri non corrispondono alle parole, e mi stanno capitando delle cose assai strane. L'altro giorno ero in salotto, quando il mio sguardo si è fermato sulle piante, le cui foglie si muovevano in modo inspiegabile, giacché porte e finestre erano chiuse e non c'era alito di vento. Le ho fissate interdetta, con la sensazione che intorno a me aleggiassero presenze ostili. Ad un tratto, le piante si sono allargate per formare un sentiero, sul quale scalpitavano rossi cavalli selvaggi con denti digrignanti ed occhi di fuoco. Credo di aver gridato con voce non mia, alla ricerca di un rifugio, un tunnel. Vi sono entrata con il fiato in gola, finalmente al sicuro, mentre tutte le mie paure perdevano consistenza. L'ho percorso galleggiando in un tiepido liquido, come nel grembo materno, senza più pensieri contorti, senza l'orribile bisbiglio di voci, senza più luci abbaglianti! Invece, un comando fastidioso, isterico, mi ha fatto tornare con la stessa, dolorosa, soffocante sensazione di quando sono venuta al mondo. Se non fosse stato per Luca , avrei finito di soffrire.".
Una pausa, un amaro sorriso, e ancora:
"Povero Luca! Non lo credevo tanto apprensivo nei miei riguardi, ormai non più! Lui, sempre così sicuro e lucido! Il piacere di vederlo sconvolto è la ricompensa di tanti affanni!"
Quella donna non finiva mai di stupirmi. Era terrorizzata, eppure compiaciuta per aver creato intorno a sé un clima di paura.
"Forse ha pensato che anch'io fossi morta, come la sua amica più cara! Già, la sua amica più cara!", terminò con un sospiro.
La lasciai un po' da sola. Mi aveva chiesto un tè, l'unica bevanda che si poteva permettere, a seguito della nausea che da qualche tempo la tormentava. Ma quando fui di nuovo da lei, il sorriso di compiacimento era sparito dal suo bel volto pallido. Seduta ai margini del divano, si passava e ripassava le dita dalla fronte all'orecchio, al collo, alla testa, per alleggerire un dolore molto fastidioso. Gli occhi erano immensamente grandi e di un blu intenso, ma sperduti, . In quel preciso istante vidi l'immagine della solitudine e una grande malinconia mi prese per lei, il cui mal di vivere si faceva ogni giorno più forte, e per l'amica del marito, del cui terribile segreto ero a conoscenza...
(continua)
Vally Sabbà
pubblicato il 23.03.2010 [Testo]